2009-02-27 Depechemodeitalia.com, Hyatt Hotel, Milan, Italy

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Notes

Depeche Mode went to Milan on 27 February 2009, where they not only did radio interviews, magazine interviews, and TV interviews, but also did a press conference at the Hyatt hotel. Depechemodeitalia.com attended and recorded the press conference.

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La clip mozzafiato di Daughters procede in rotazione serrata mentre la sala si riempie molto lentamente. Nonostante il loop di Wrong e la truce fine del suo protagonista che ossessionano l’attesa della press conference, si respira la solita ovattata atmosfera che precede l’arrivo dei Deeche Mode: tutto un altro mondo rispetto alla nervosa concitazione da concerto. Il gruppo è al trucco, fresco reduce dagli studi di radio Dee Jay, che ha sviato l’attenzione dei fans, ancora piantati davanti a TV e videoregistratore e non nello spazio antistante l’ingresso del raffinato albergo in pieno centro di nuovo confermato per l’incontro con la stampa. Il resto del lavoro è ben condotto dagli addetti dela EMI: le maglie del cordone sono sufficientemente serrate da precludere la solita invasione di imbucati e l’unico fermento proviene dell’agitazione dei fotografi, alla frenetica ricerca della posizione giusta per sfruttare i pochissimi minuti (secondi, in realtà) che verranno concessi ai loro obiettivi. Dopo quasi mezz’ora (la press conference era inizialmente fissata per le 14) arriva il gruppo a passo svelto. Dave, Martin e Fletch irrompono nella sala per i ventotto minuti di fuoco di fila.

Fuoco solo per modo di dire: la deferenza universale guadagnata in quasi trenta anni di carriera e la recente esplosione del nuovo singolo rendono il gruppo, se possibile, ancora piu’ sicuro, rilassato, pronto per quella che si rivelerà la prevista passerella di velluto. Vero è che le vecchie tensioni, seppure mai esistite fuori dagli articoli di gossip, restano oggi un pallido ricordo: i Depeche Mode si scambiano sorrisi , commentano fra loro le domande poste prima ancora che vengano tradotte in inglese, lo stesso Fletch esercita il suo umorismo sulla strana buona forma di Dave, per poi rimarcarne la partecipazione nel nuovo progetto in uscita tra meno di due mesi. Di suo – e questa è la cosa piu’ confortante – Gahan definisce in modo assai diverso la sua posizione nello sviluppo del nuovo album. Colui che appena pochi anni fa si dichiarava un artista claustrofobico e sovrastato dell’egocentrismo di Gore, oggi è felice, per sua precisa ammissione, di vestire i panni della riserva in grado di entrare in campo per gli spezzoni finali della partita. A risultato già acquisito, aggiungiamo noi. Sarà stata la saggezza dell’età piu’ matura o piu’ verosimilmente l’impatto contenuto dei suoi progetti solisti, ma oggi il cantante dei Depeche Mode sembra aver deposto le proprie ali personali per ripararsi sotto quelle di Martin Gore e sentirsi allo stesso tempo “ancora piu’ partecipe della vita del gruppo”. Passato presente e futuro si ricongiungono. Una normalità che fa notizia.

Insomma, nei Depeche Mode di oggi non si intravedono crepe (ed il fenomeno sembra curiosamente ripetersi sul viso di Gore, fresco come mai) se non quelle di una sicurezza eccessiva, legata alla dichiarata facilità con la quale il nuovo album è stato concepito e realizzato ed alla spavalderia con la quale il gruppo affronta la sfida delle grandissime arene italiane. Il rinnovato supporto scenografico di Corbjin, fidato compagno di merende ed amico da aiutare nel momento di difficoltà economica, fornisce ai Depeche la base di una nuova scommessa che non hanno paura di perdere, nonostante locations impegnative che potrebbero penalizzare un sound non propriamente da stadio. Dave a tal proposito non esita a ricordare una famosa serata a Pasadena: se la scommessa è già stata vinta in tempi non sospetti, perché temere un passo indietro?

Il resto della press conference fila via velocemente fra i soliti rimandi al concetto di peccato e rendenzione, ai riferimenti religiosi, al momento di lieve ripresa del mercato discografico. Quando al sottoscritto giunge l’opportunità di chiedere a Gore il perché di una ritrovata passione per i sintetizzatori di prima generazione, un equivoco di traduzione trasforma il prossimo album in quello che verrà poi. A Martin chiariro’ poco dopo che mi riferisco a Sounds Of The Universe. Ma prima sorride, replica, non elude l’argomento. La miglior risposta alla domanda che non avrei mai potuto fare.

  • Duration: 27:09

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